Quando il sonno diventa un problema
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Una volta compreso il corretto funzionamento della colonna vertebrale, è possibile capire in che modo comportarsi in modo adeguato per far sì che sia sempre al meglio. Bisogna cercare di assumere i comportamenti giusti, in particolare per le posizioni che si mantengono per un periodo di tempo più lungo. Per mantenere tutte le sue caratteristiche al massimo livello di efficienza, la colonna vertebrale non deve essere sottoposta a carichi eccessivi e mal distribuiti nemmeno durante il sonno, quando, in posizione orizzontale, dovrebbe potersi sgravare del peso corporeo.
Sul letto trascorriamo un terzo della nostra vita e farlo nella posizione corretta, mantenendo le curve fisiologiche, è importante.
Un ruolo fondamentale lo rivestono i dischi intervetebrali e la loro idratazione. Abbiamo visto infatti che questi “ammortizzatori” presenti tra le vertebre della colonna vertebrale sono composti soprattutto da acqua. Bene: se misuriamo la nostra statura nelle diverse ore della giornata, ci accorgiamo che alla sera siamo un po’ più bassi rispetto al mattino. Questo dipende dalle pressioni che tutto il giorno la nostra colonna riceve e che fanno penetrare una parte del liquido del disco nelle vertebre soprastante e sottostante. Il disco intervertebrale varia il suo spessore durante il giorno e la notte: durante le ore diurne, a causa del costante carico, lo spessore del disco si riduce.
Che cosa succede se non dormiamo
È quindi fondamentale trascorrere un numero sufficiente di ore a letto in una posizione corretta. In questo modo si allevia la pressione tra le vertebre e si verifica un richiamo di liquidi verso l’interno ed un ripristino della sua struttura. In questo modo i dischi riacquistano il loro spessore originario e mantengono efficienza ed elasticità. Con l’invecchiamento si verifica un’inesorabile e progressiva perdita di acqua e funzionalità del disco intervertebrale, che si trasforma in un «ammortizzatore scarico». Mentre il contenuto idrico nei dischi delle persone giovani si attesta intorno all’80-85%, nei soggetti anziani tale percentuale scende al di sotto del 70%.
Importanti studi sulla colonna vertebrale sono stati portati avanti dal ricercatore svedese Alf Nachemson. In particolare nella sua ricerca “The Lumber Spine - An Orthopedic Challenge”, del marzo 1976, considerata un testo di riferimento del settore, Nachemsom ha misurato la variazione della pressione sul terzo disco lombare in base alla posizione assunta.
Come si può notare dal grafico, considerando come 100% il carico esercitato nella naturale postura eretta, la pressione si riduce al 25% quando si è sdraiati sul lato (decubito supino) e al 75% in posizione sdraiata su un lato (decubito laterale). La pressione aumenta invece al 150% in posizione assisa e al 185% quando si è seduti con il tronco in avanti.
Sottoporre a eccessive sollecitazioni il disco intervertebrale può portare a conseguenze spiacevoli. La resistenza del contenitore anulare può essere vinta e produrre uno spostamento del nucleo dalla sua posizione centrale (protrusione). Anche un’esposizione continua a vibrazioni e sollecitazioni usuranti, che abbassano notevolmente la soglia di sopportazione dell’anulus, può portare allo stesso risultato. In termini tecnici si parla di erniazione del disco, ed è un problema che può verificarsi in diversi gradi e tipi, a seconda delle modalità di spostamento del nucleo.
Il punto più debole del disco si trova nella parte posteriore del nucleo fibroso, vicino al forame intervertebrale, ed è per questo motivo che la maggior parte delle erniazioni avviene a questo livello.
Problemi di articolazioni
“Ah, le mie povere ossa”, ci si lamenta spesso. E in modo errato, perché in realtà a provocare dolore non sono le ossa, prive o quasi di nocicettori, ossia le terminazioni nervose all’origine delle sensazioni dolorose, ma le articolazioni, ossia le strutture anatomiche che mettono in contatto due o più ossa. Le articolazioni hanno la funzione di tenere unite le ossa, così da consentire allo scheletro di svolgere i compiti di sostegno, mobilità e protezione.
Nel nostro organismo sono presenti tre tipi di articolazioni: mobili, semimobili e fisse.
Le più numerose sono quelle mobili, dette diartrosi, che permettono alle ossa connesse una notevole mobilità.
In queste articolazioni le superfici ossee adiacenti si presentano rivestite da cartilagine ialina e separate da una cavità articolare nella quale è contenuto un liquido denso e limpido, detto liquido sinoviale, che funziona da lubrificante favorendo lo scivolamento reciproco delle ossa.
La cartilagine articolare ha una funzione paragonabile a quella di un cuscinetto ammortizzatore, rendendo possibile il movimento.
Pur essendo un tessuto vivo, la cartilagine articolare è priva di vasi sanguigni e da sola risulterebbe insufficiente per diminuire l’attrito tra le due estremità ossee. Per questo motivo entra in gioco il liquido sinoviale, che bagna i capi articolari. Con la sua funziona ammortizzante e nutriente, facilita lo scorrimento tra le due superfici articolari ed è secreto dalla membrana sinoviale.
Così come avviene nella colonna vertebrale per i dischi intervertebrali, allo stesso modo è importante che durante il sonno anche queste parti del nostro corpo abbiano la possibilità di rigenerarsi.
Un materasso deve servire soprattutto a questo: offrire un giusto sostegno a tutto il nostro
corpo. Dopo aver sostenuto durante il giorno il nostro corpo, la colonna vertebrale si merita il giusto riposo. Deve rilassarsi e questo succede allentando la pressione sui dischi. Il sostegno su cui si dorme ricopre un ruolo chiave: la superficie d’appoggio deve garantire alla colonna vertebrale di mantenere la corretta posizione, rispettando le quattro curve fisiologiche, la cosidetta “esse”, permettendo così ai dischi di distendersi. Costringere la colonna in una posizione non corretta anche quando si dorme, la costringe a fare gli straordinari. E lavorare troppo alla lunga può essere davvero dannoso.
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